Ulisse

Ulisse

Considerate se questo è un uomo

Uno dei Canti più famosi dell’Inferno è sicuramente il XXVI, quello di Ulisse, che viene punito, insieme con l’amico Diomede, tra i consiglieri fraudolenti, rappresentati da Dante come tante fiammelle. Ulisse e Diomede sono però racchiusi in un’unica fiamma biforcuta, infatti quando Ulisse inizia a parlare Dante scrive:

Lo maggior corno de la fiamma antica 
cominciò a crollarsi mormorando 
pur come quella cui vento affatica

Inf. XXVI, vv. 85-87

Ulisse è quindi nella parte maggiore della fiamma. Lui e Diomede si trovano lì per tre motivi: l’inganno del cavallo di Troia, che permise agli Achei di entrare nella città di Troia; il furto del Palladio, statua di Atena che non permetteva a Troia di cadere; il raggiro che permise loro di sottrarre Achille a Deidamia.

Come tutti sappiamo, l’unico punto debole di Achille è il suo tallone e l’oracolo aveva previsto che lui sarebbe morto in battaglia, quindi la madre, la dea Teti, lo nascose sull’isola di Sciro, travestito da donna, tra le figlie di re Licomede. Una di loro, Deidamia, si innamorò di lui. Un giorno si presentarono alla reggia del re Ulisse e Diomede con numerosi gioielli come dono per le figlie del re: tra questi gioielli, però, si nascondevano anche un’armatura, una spada e uno scudo, sui quali Achille si gettò immediatamente e venne così scoperto e portato dai due a Troia.

La guerra fu poi vinta dagli Achei e dopo vent’anni Ulisse tornò a casa, a Itaca, ma subito ripartì, insieme con i suoi compagni, oltre le colonne d’Ercole, dedicandosi a quello che lui chiama il “folle volo”. Superato l’odierno stretto di Gibilterra, dove si troverebbero geograficamente le colonne d’Ercole, la nave di Ulisse si sarebbe trovata in vista della montagna del Purgatorio, ma Dio decise che un gorgo avrebbe tirato giù e fatto affondare l’imbarcazione.

Questo “folle volo” è paragonabile all’”alto volo” di Dante, citato nel canto XXXIII del Paradiso, ma in cosa essi si diversificano, se dopotutto entrambi ricercano la conoscenza? Ulisse, a differenza di Dante, non è protetto dall’amore e dalla carità di Dio, il quale permette a Dante di viaggiare nell’Aldilà e di arrivare alla Conoscenza. Ulisse, d’altro canto, non poteva conoscere Dio e infatti nel Canto è presente una sententia anacronstica. Parlando del gorgo che tira giù a picco l’imbarcazione Ulisse dice:

com’Altrui piacque.

Inf. XXVI, v. 141

Questo “Altrui” si riferisce proprio a Dio, conosciuto da Ulisse soltanto dopo essere giunto all’Inferno.

Motivo per cui tutti conosciamo il Canto di Ulisse è l’esortazione dell’eroe ai suoi compagni:

“O frati”, dissi “che per cento milia 
perigli siete giunti a l’occidente, 
a questa tanto picciola vigilia

d’i nostri sensi ch’è del rimanente, 
non vogliate negar l’esperienza, 
di retro al sol, del mondo sanza gente.

Considerate la vostra semenza: 
fatti non foste a viver come bruti, 
ma per seguir virtute e canoscenza”.

Inf. XXVI, vv. 112 – 120
Primo Levi

Quanti di voi, invece, sono a conoscenza del fatto che questi versi furono poi ripresi da Primo Levi, all’interno del suo libro Se questo è un uomo? L’incipit dell’opera è caratterizzato da una poesia che a un certo punto recita:

Considerate se questo è un uomo

Si riferisce proprio al verso dantesco: considerate la vostra semenza.

Il capitolo XI del libro è poi dedicato proprio a Dante e al canto XXVI dell’Inferno. Durante la sua esperienza nel campo di concentramento, Primo Levi si trova a portare sulle spalle la zuppa, assieme all’amico Jean, soprannominato Pikolo. Riporto allora alcuni spezzoni del testo: 

 … Ma misi me per l’alto mare aperto.

Di questo sì, di questo sono sicuro, sono in grado di spiegare a Pikolo, di distinguere perché «misi me» non è «je me mis», è molto più forte e più audace, è un vincolo infranto, è scagliare se stessi al di là di una barriera, noi conosciamo bene questo impulso. L’alto mare aperto: Pikolo ha viaggiato per mare e sa cosa vuol dire, è quando l’orizzonte si chiude su se stesso, libero diritto e semplice, e non c’è ormai che odore di mare: dolci cose ferocemente lontane.

 … Acciò che l’uom più oltre non si metta.

«Si metta»: dovevo venire in Lager per accorgermi che è la stessa espressione di prima, «e misi me». Ma non ne faccio parte a Jean, non sono sicuro che sia una osservazione importante. Quante altre cose ci sarebbero da dire, e il sole è già alto, mezzogiorno è vicino. Ho fretta, una fretta furibonda.

Ecco, attento Pikolo, apri gli orecchi e la mente, ho bisogno che tu capisca:

               Considerate la vostra semenza:

               Fatti non foste a viver come bruti,

               Ma per seguir virtute e conoscenza.

Come se anch’io lo sentissi per la prima volta: come uno squillo di tromba, come la voce di Dio. Per un momento, ho dimenticato chi sono e dove sono.

P. Levi, Se questo è un uomo

Levi, una volta tornato a casa, perderà totalmente la sua fede in Dio, ma qua, all’interno dell’inferno del lager, sente la Sua voce un’ultima volta e grazie alle parole di Dante ritrova la speranza. La realtà del lager è una realtà avvilente: ricordarsi il proprio nome è uno dei pochi modi per restare attaccato alla “normalità” e allora provate in qualche modo ad immaginare cosa possa significare ricordare alcuni versi della Commedia, che si presenta come la luce in fondo al tunnel.

Questo era Ulisse! 🙂
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