David Hume

David Hume

Critica della sostanza

Anche in questo caso, Hume, sostiene che la nostra concezione di sostanza sia dettata dall’abitudine. La sostanza non è qualcosa di cui facciamo direttamente esperienza: noi percepiamo, casomai, delle singole qualità che, abituati a veder connesse tra loro, supponiamo siano legate ad una sostanza comune. La sostanza, tuttavia, è una nostra supposizione: non possiamo conoscerla o percepirla.

Ma se la sostanza non esiste, cos’è l’Io?

Hume concepisce l’Io come un fascio di percezioni: noi non siamo altro che le impressioni e le idee che si susseguono ininterrottamente, l’uno dopo l’altro, nel corso della nostra vita. Quest’immagine rende molto bene:

La mente è una specie di teatro, dove le diverse percezioni fanno la loro apparizione, passano e ripassano, scivolano e si mescolano con un’infinita varietà di atteggiamenti e di situazioni.

David Hume – Trattato sulla natura umana

Capirete bene che, considerate le sue critiche alla causalità e alla sostanza, Hume può essere considerato a tutti gli effetti uno scettico. Il suo scetticismo, tuttavia, non è una deriva problematica: per quanto Hume affermi che molti nostri ragionamenti si basino su credenze infondate dal punto di vista teoretico, è anche vero che offre sempre anche una rilettura pragmatica. Sarà anche vero che la sostanza non esiste, ma tu, per abitudine, la percepisci e la utilizzi.

Teoria delle passioni

Come abbiamo detto, le passioni, i sentimenti, le emozioni, per Hume non sono altro che impressioni di riflessione. Esse possono essere ulteriormente categorizzate secondo quattro criteri: possono essere calme o violente e possono essere dirette (derivanti direttamente dall’impressione di sensazione) o indirette (in modo mediato).

In quest’ambito la ragione non gioca alcun ruolo. Stiamo parlando di impressioni della cui verità o falsità non si può discutere: esse si trovano nell’animo umano così come ciascuno le percepisce. Di conseguenza, lo storico dualismo passioni VS ragione (do you remember Platone?) non ha senso di esistere. Ragione e passioni funzionano in modo diverso, appartengono ad ambiti diversi: la ragione non può in alcun modo controllare o reprimere le passioni.

Ma se la ragione non può controllare le passioni e le passioni determinano le nostre volontà, come può esistere il libero arbitrio? Beh, per Hume, semplicemente, non esiste. Per quanto l’uomo, non vedendosi costretto da nessuno, si senta libero, egli è in realtà schiavo delle passioni, le sue volontà sono dettate da queste e non da libere scelte morali.

L’etica, quindi, va a sua volta riletta sotto un’ottica nuova. Se la ragione è schiava delle passioni, non possiamo infatti più immaginare che l’agire etico, la scelta della virtù al posto del vizio, sia un prodotto della ragione. Ognuno di noi ha però al suo interno un “sentimento” positivo davanti al compimento di azioni buone e negativo davanti a quello di azioni malvagie. Le azioni cattive, in sostanza, ci fanno stare male. Tuttavia, è il sentimento stesso a distinguere azioni buone e azioni cattive: non c’è un criterio universale, è a discrezione del sé.

Il fatto che il piacere morale derivi in maniera spontanea dall’azione del sentimento, lo rende intrinsecamente disinteressato. Non è utile solo al sé, ma anche agli altri: il sentimento è infatti legato al principio di simpatia. La simpatia è quella struttura psicologica che ci permette di partecipare in modo disinteressato ai sentimenti degli altri. Sostanzialmente, è quella che oggi chiamiamo empatia, o quantomeno empatia di base.

Questo era il pensiero di Hume 😉
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